Attività Portuali
Periodo Asburgico
La storia del porto di Trieste ha inizio nel 1717 quando l’imperatore Carlo VI (1685 – 1740) sancisce la libertà di navigazione nell’Adriatico – fino ad allora appannaggio pressoché esclusivo di Venezia – e concede un regime di franchigia fiscale e doganale alle aree suburbane della città (1719).
Tuttavia chi è stato in grado di dare un grande e fondamentale impulso al porto triestino è l’imperatrice Maria Teresa (1717 – 1780) la quale pianifica la crescita urbanistica della città e realizza nuovi approdi e strutture portuali: il molo San Carlo (attuale molo Audace), il molo Teresiano (attuale molo Fratelli Bandiera), il Canale (attuale Canal grande). Regola le attività commerciali e portuali ed estende il privilegio del Porto Franco a tutta l’area cittadina. Nel 1781 suo figlio l’imperatore Giuseppe II (1741 –1790) promulga l’Editto di tolleranza, favorendo così l’immigrazione di diverse minoranze religiose.
É dunque alla fine del Settecento che maturano le condizioni per quel grande sviluppo che l’emporio triestino conosce a partire dalla prima metà dell’Ottocento, periodo che lo vede esercitare una forte attrazione verso commercianti e banchieri di differenti nazionalità e religioni, i quali contribuiscono a costruire ampie, importanti, solide reti di relazioni commerciali. Le attività assicurative e commerciali che ruotano attorno al porto determinano la prima fase di crescita demografica della città.
Grazie alla costruzione della ferrovia meridionale (1857), dalla seconda metà dell’Ottocento le strutture portuali si evolvono ed estendono, con la costruzione prima di nuovi moli e poi di una nuova vasta area di scalo marittimo, l’attuale area del Porto vecchio. In seguito all’apertura del Canale di Suez (1869), partono nuovi lavori di ammodernamento del porto che si concludono solo tra gli anni Venti e Trenta del Novecento. Viene così a crearsi quell’importante zona della città conosciuta come Porto Nuovo. Proprio in questa fase il porto di Trieste incomincia a realizzare la sua vocazione di grande emporio internazionale, in grado non solo di attirare traffici e persone dal Mediterraneo e dall’Europa centrale ma anche di connettersi a realtà ancora più lontane, talvolta lontanissime, come le terre dell’Estremo Oriente o le Indie.
Per quanto riguarda la questione della movimentazione merci del porto, nel 1879 ai Pubblici Magazzini Generali viene affidata l’amministrazione delle operazioni portuali svolte a terra, mentre capitani ed armatori rimangono responsabili per quelle a bordo.
Il 1891 rappresenta una data fondamentale per il porto triestino: con l’abolizione del privilegio del Porto franco, la zona in regime di franchigia doganale viene circoscritta solamente all’area portuale la quale assume una fisionomia separata e ben identificabile dal resto della città. Comincia con quel provvedimento una lenta ma radicale trasformazione della struttura economica della città. Il mutamento da emporio a porto di transito determina una diversa distribuzione dei capitali nel quadro produttivo della città. Da quel momento in poi alle attività commerciali si affiancano in modo sempre più rilevante anche quelle industriali. In questo periodo Trieste vede un’intensissima fase di crescita demografica dovuta specialmente alle possibilità di lavoro che la città offre: verso la fine dell’Ottocento la popolazione di Trieste raggiunge i 176.000 abitanti, per arrivare a 230.000 alla vigilia della prima guerra mondiale.
Tra le due guerre
Il primo conflitto mondiale e gli anni immediatamente successivi rappresentano un momento di forte contrazione del settore produttivo marittimo giuliano: traffici, navigazione e navalmeccanica.
Per quanto riguarda il porto di Trieste, durante gli anni Venti del Novecento la legislazione italiana provvede a istituire l’Azienda per l’esercizio dei Magazzini Generali di Trieste, che si vede affidati compiti che in altri scali sono invece delegati ad enti autonomi e parastatali distinti.
É durante questo decennio che si stabilisce su tutto il territorio italiano un nuovo ordinamento delle maestranze portuali (Regio decreto legge 24/01/1929 n. 166). La sua applicazione prevede che tutti i lavoratori dei porti adibiti alle operazioni di carico, scarico e maneggio delle merci vengano raggruppati in compagnie, ovvero in organismi dotati di capacità giuridica guidati dalle figure dei consoli e dei viceconsoli. Nascono così le compagnie portuali. Caratteristica peculiare delle compagnie portuali è la forma collettiva di gestione del lavoro e il carattere monopolistico che le configura come fornitori unici nei servizi di movimentazione merci verso gli utenti del porto. I guadagni provenienti dai servizi erogati vengono divisi tra i soci della stessa compagnia. A Trieste sorgono le compagnie portuali “Lino Domeneghini”, “Huetter” e “Tommaso Gulli”. Nel corso del tempo tali compagnie cambiano denominazione: nel 1945 la “Lino Domeneghini” prende il nome di compagnia portuale “Carboni e Minerali”, la “Huetter” compagnia portuale “Sbarco e Imbarco Merci Varie” e, infine, la “Tommaso Gulli” assume dapprima il nome “Ernesto Scaramelli” , poi “Maneggio Merci a Terra”.
Durante il periodo tra le due guerre vengono completati gli arredi del porto, si procede all’adeguamento delle opere più antiche ed alla progressiva meccanizzazione delle operazioni portuali. Per quanto riguarda gli anni Trenta del Novecento è importante ricordare l’apertura della raffineria Aquila nel 1935, unità produttiva che negli anni a venire avrebbe strettamente intrecciata la propria storia ai traffici portuali triestini (vedi https://www.inheritage.it/it/beni-settore/petrolifero.htm).
Gli avvenimenti della seconda guerra mondiale compromettono seriamente le attività portuali. Gli occupatori nazisti riempiono l’intera area portuale con circa 102 scafi affondati per impedire l’arrivo delle navi degli Alleati e, al momento della ritirata, radono al suolo buona parte degli impianti.
Dal secondo dopoguerra ad oggi
Alla fine del conflitto, viene subito avviata la ricostruzione del porto.
Durante il primo periodo del Governo Militare Alleato – e sino alle sostanziali riattivazione dell’operatività e ricostruzione delle strutture –, lo scalo viene diretto dal Comitato per il controllo del porto istituito dal settembre 1945. Ai sensi del Trattato di Parigi del 1945 e in seguito al Memorandum di Londra del 1954, al porto di Trieste viene riconosciuto lo status di Porto Franco Internazionale, condizione che prevede anche il regime di extraterritorialità della zona portuale.
Per quanto riguarda i traffici, dopo l’avvio del Piano Marshall nel 1949 il flusso di merci imbarcate e sbarcate supera in entità addirittura quello 1913, anno in cui il traffico del porto triestino raggiunse il massimo storico.
Nel 1954 viene approvato il progetto per il porto canale di Zaule e per la sua zona industriale, vengono dunque avviate – o riavviate – le attività di importanti impianti produttivi come l’Italcementi e l’Esso.
Nello stesso anno, l’amministrazione statale italiana pone alla direzione dell’Azienda portuale dei Magazzini Generali di Trieste un Commissario straordinario del Governo. Sebbene nel 1963 la legge per l’istituzione della Regione a statuto speciale ne prevede la costituzione, è soltanto nel luglio 1967 che iniziano le attività dell’Ente Autonomo Porto di Trieste (Eapt). Nel 1971 viene modificata la natura giuridica dell’Eapt, che si trova a passare da ente pubblico a ente pubblico economico.
Tra la fine degli anni Sessanta e durante il decennio successivo, il porto di Trieste comincia ad assumere la fisionomia che mantiene tutt’ora. Infatti, è nel 1967 che entra in funzione l’oleodotto Trieste-Ingolstadt che rende lo scalo petrolifero di Zaule uno dei più importanti d’Europa, mentre è nel 1972 che viene inaugurato il Molo VII, struttura che ancor oggi rappresenta il cuore del Porto Nuovo.
Per quanto riguarda le operazioni di movimentazione merci, nel 1980 le compagnie portuali triestine si fondono per dare vita alla Compagnia unica lavoratori portuali (Culp) di Trieste. La Culp è organizzata in due sezioni: la sezione “Bordo”, i cui lavoratori sono addetti alle operazioni già di pertinenza della compagnia “Sbarco e Imbarco Merci Varie” e la sezione “Terra” i cui lavoratori sono già impiegati nella compagnia “Maneggio Merci a Terra”. Le due sezioni assumono pure i compiti svolti dalla compagnia “Carboni e Minerali”, i cui lavoratori vengono inseriti nei ruoli delle sezioni “Bordo” e “Terra”.
Gli anni Novanta del Novecento sono forieri di un grande processo di riordino della legislazione italiana in materia portuale. Nel gennaio del 1995 per lo scalo marittimo triestino viene istituita l’Autorità Portuale che va a sostituire l’Eapt, nel ruolo e nelle competenze gestionali ed amministrative.
Anche per la Culp è un momento di grande trasformazione. La nuova legislazione scardina il sistema di interessi monopolistico in cui le compagnie portuali italiane operavano a favore di un sistema di libero mercato, di abbassamento dei prezzi e di concorrenza tra lavoratori. Inoltre, la Culp di Trieste deve cambiare la propria denominazione sociale trasformandosi in una cooperativa per la fornitura di servizi portuali.
Il d.lgs. 4 agosto 2016 trasforma profondamente l’assetto della portualità italiana. Nasce così a Trieste l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale in sostituzione della precedente Autorità Portuale.
L’attuale Autorità di Sistema Portuale è un ente pubblico non economico sottoposto alla vigilanza Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Esso svolge un ruolo strettamente autoritativo. Infatti, diversamente da quanto previsto per l’Eapt, l’Autorità di Sistema Portuale non può svolgere operazioni portuali – nemmeno attraverso la forma di partecipazione a società – o altre attività ad esse connesse.
Per quanto riguarda l’entità del traffico, secondo i dati di Assoporti, dal 2013 il flusso di merci ha conosciuto un forte e costante incremento tanto da conferire tre primati al porto di Trieste per l’anno 2017: primo porto italiano per tonnellaggio totale movimentato, primo porto italiano per traffico ferroviario e primo porto petrolifero nel Mediterraneo.
Sebbene d’entità più piccole, nel quadro della portualità regionale è necessario ricordare anche Monfalcone e il porto fluviale di Porto Nogaro. Per quanto riguarda il primo, a partire dal secondo decennio del XIX secolo la portualità monfalconese riceve un nuovo impulso, soprattutto dal punto di vista infrastrutturale. Questa fase trova massimo compimento a cavallo degli anni Sessanta e Settanta dell’Ottocento attraverso ulteriori ammodernamenti e con il collegamento alla rete ferroviaria. Come quello di Trieste, anche il porto di Monfalcone è inserto nel quadro dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale.